Book Pride 2025 - Di editoria indipendente e fantascienza
Le letture di settembre 2025, Book Pride, i giorni da libraio di George Orwell e una selezione di curiosità, approfondimenti e risorse dal web
Questo numero della newsletter arriva con un po’ di ritardo. Potrei dare la colpa al raffreddore che mi ha messa ko, ma non è solo quello. Dal 3 al 5 ottobre, qui a Genova, si è tenuto Book Pride, la fiera dell’editoria indipendente, e ho deciso di aspettare per potervi raccontare qualcosa.
E sì, nonostante il raffreddore, mi sono fatta un dovere di andare a curiosare tra gli stand e comprare qualche nuovo libro e fumetto.
Alla fine, non essendo in gran forma, ho partecipato solo a due presentazioni che però erano quelle che più mi interessavano.
La scrittrice islandese Guðrún Eva Mínervudóttir ha presentato il suo nuovo libro, Reykjavík, amore, una raccolta di cinque racconti con protagoniste femminili pubblicata da Iperborea.
Mínervudóttir è una delle scrittrici islandesi contemporanee più note, e la sua presenza a Book Pride mi ha molto incuriosita. Mi è sembrata l’occasione giusta per iniziare a leggere uno dei suoi lavori, avendo anche la possibilità di ascoltarla parlare direttamente del libro. La conversazione con la casa editrice Iperborea mi ha aperto una piccola finestra sulla sua produzione, anche se non so ancora se Reykjavík, amore sia una lettura adatta a me. Come si intuisce dal titolo, l’amore nelle sue varie forme è centrale, e io non sempre riesco ad apprezzare storie che hanno l’amore come motore esclusivo. Dipenderà tutto da come Mínervudóttir ha scelto di raccontarlo. Sono curiosa di cominciare a leggerlo perché potrebbe essere una lettura che mi porta un po’ fuori dalla mia comfort zone. Vi aggiornerò presto.
Il giorno successivo ho partecipato a un altro incontro, questa volta con Veronica Raimo, in veste di traduttrice e curatrice della raccolta di saggi e discorsi di Ursula K. Le Guin I sogni si spiegano da soli.
Come emerge anche dalla sua produzione narrativa, Ursula K. Le Guin aveva una sensibilità pacifista, ambientalista e femminista. L’idea alla base della raccolta è quindi quella di riscoprire la voce di un’intellettuale capace di illuminare ancora oggi la nostra comprensione del presente, nonostante i testi risalgano anche a decenni fa (Le Guin era nata nel 1929).
Raimo ha retto l’intero intervento da sola, senza una persona con cui dialogare. La presentazione si è tenuta in una sala piuttosto piccola del Palazzo Ducale di Genova, dove ogni anno si svolge la fiera. Una scelta comprensibile, forse, perché la fantascienza non è quasi mai considerata un genere “alto” e raramente le si concede spazio nei contesti letterari. Eppure mi sono domandata se non sarebbe stato più giusto darle maggiore visibilità, proprio in questa occasione: il tema di quest’edizione di Book Pride era infatti una citazione di Ursula K. Le Guin, danzare sull’orlo del mondo, un’espressione “scelta per raccontare la ricerca di equilibrio in un tempo storico dove sono assenti risposte, riconoscendo la letteratura come una base solida sulla quale muoversi e nella quale ritrovarsi”.
Vi aggiornerò anche su I sogni si spiegano da soli che ho cominciato a leggere ieri sera tardi partendo da un paio di testi brevissimi, uno dei quali mi ha dato da pensare sulla tipica scomodità delle scarpe femminili.
Il bello di queste raccolte è che si può procedere nell’ordine che si vuole, seguendo la curiosità.
Letture del mese
La sfera del buio di Stephen King (1997)
Sto procedendo con la saga della Torre Nera, la grande opera di Stephen King. La sfera del buio è il quarto volume: dei precedenti vi avevo parlato qui, qui e qui.
Per la verità è stata una lettura lenta e un po’ noiosa, soprattutto nella parte centrale. King si diverte a stuzzicare continuamente la curiosità: lascia indizi e promette rivelazioni, per poi rimandarle più e più volte. Alla lunga risulta faticoso, e a volte la rivelazione non ripaga davvero tutta l’attesa.
La storia riprende esattamente da dove si era interrotta: Roland, Eddie, Susanna, Jake e Oy sono ancora prigionieri a bordo di Blaine il Mono, un treno controllato da un’intelligenza artificiale folle che li sfida a una gara di indovinelli. Dopo un confronto tesissimo, il gruppo riesce a salvarsi e a proseguire il cammino lungo il sentiero del Vettore verso la misteriosa Torre Nera.
A questo punto si apre un ampio flashback: Roland decide di raccontare ai compagni un episodio del suo passato, ambientato quando era ancora molto giovane e appena divenuto pistolero. Il racconto, che occupa gran parte del romanzo, è una lunga storia dentro la storia.
Ma, Roland… è da un pezzo che parli.
Roland viene inviato, insieme ai suoi amici Cuthbert e Alain, nella baronia di Mejis per una missione che dovrebbe tenerli lontani dai pericoli politici di Gilead, ma la missione si trasforma presto in qualcosa di molto più complesso: i tre scoprono una cospirazione che coinvolge forze ostili a loro e alla Torre. Il cuore del racconto è la tragica storia d’amore tra Roland e Susan Delgado, che ci permette di conoscere meglio il pistolero e di capire quanto abbia sacrificato nella sua ricerca della Torre Nera.
Come nei volumi precedenti, anche qui non mancano i riferimenti al Signore degli Anelli e al ciclo arturiano. Tutto il finale, però, è un’esplicita citazione de Il Mago di Oz: ci sono le scarpette rosse e una precisa corrispondenza tra i personaggi. Roland è Dorothy, Jake, Eddie e Susannah sono il Leone, lo Spaventapasseri e l’Uomo di latta, Oy è Toto, e la Torre Nera diventa la loro Città di Smeraldo.
Con questo finale, la storia si riprende. L’aspetto più interessante è che la saga sembra sempre più destinata a inglobare tutte le storie e gli universi creati da King nel corso della sua carriera. La sfera del buio, per esempio, converge per un momento con L’ombra dello Scorpione, e Roland lascia intendere che altri intrecci arriveranno.
📖 La sfera del buio di Stephen King
La signora di Wildfell Hall di Anne Brontë (1848)
Avevo letto Cime Tempestose di Emily Brontë tra la fine delle medie e l’inizio del liceo, e Jane Eyre di Charlotte poco dopo. Negli anni li ho riletti entrambi. Mi mancava solo Anne, la minore delle tre sorelle Brontë. Dopo averla citata nello scorso numero, ho deciso di recuperare La signora di Wildfell Hall, convinta che mi sarebbe piaciuto – e così è stato.
Il romanzo, pubblicato nel 1848, fu un successo immediato. Per riuscire a pubblicarlo, però, Anne Brontë dovette usare uno pseudonimo maschile, come avevano già fatto le sorelle: scelse il nome Acton Bell (Charlotte ed Emily erano Currer ed Ellis Bell).
La signora di Wildfell Hall, racconta la storia di Helen Graham, una giovane donna misteriosa che si trasferisce con il figlio piccolo in una vecchia dimora isolata, Wildfell Hall, suscitando curiosità e pettegolezzi nel villaggio.
Il romanzo, in forma epistolare, è narrato in gran parte da Gilbert Markham, un giovane proprietario terriero che si innamora di lei e cerca di capire il suo passato. Dopo molte reticenze, Helen gli consegna il suo diario, che svela la verità: è fuggita da un matrimonio infelice con Arthur Huntingdon, un uomo dissoluto, alcolista e manipolatore, per proteggere il figlio dall’influenza del padre.
È un libro audace per il suo tempo. Lasciando il marito e portando via il figlio, Helen non infrange solo le convenzioni sociali, ma anche la legge inglese dell’inizio dell’Ottocento, profondamente patriarcale. All’epoca, infatti, una donna sposata cessava di avere un’esistenza legale autonoma: tutto ciò che le apparteneva (beni, redditi, perfino i vestiti) diventava del marito. Non poteva possedere nulla a proprio nome, né stipulare contratti o comparire in tribunale come persona indipendente.
I figli, poi, erano legalmente del padre. La madre non aveva diritto di tenerli con sé, né di decidere nulla riguardo alla loro educazione o al loro futuro. Quando Helen fugge con il bambino, compie dunque un atto che la legge considerava un rapimento. La sua fuga, già difficile sul piano materiale, diventa così anche un atto di ribellione civile.
Nel 1913, la critica letteraria e attivista May Sinclair scrisse che “lo sbattere della porta della camera da letto di Helen contro il marito si riverberò in tutta l’Inghilterra vittoriana”.
A mio parere, Helen ha molti tratti in comune con Jane Eyre: rispetto di sé, consapevolezza dei propri limiti e forza morale. Ritengo significativo che entrambe arrivino al lieto fine in amore solo dopo aver conquistato la propria indipendenza economica, grazie a un’eredità fortunosa ricevuta in circostanze diverse. Sia Charlotte sia Anne Brontë scelgono per le loro eroine un finale che le vede superiori agli uomini amati non solo sul piano morale, ma anche su quello materiale: il discutibile Mr. Rochester ha ormai perso gran parte delle sue fortune, mentre Gilbert Markham è ora meno facoltoso di Helen, che all’inizio della storia non possedeva nulla.
📖 La signora di Wildfell Hall di Anne Brontë
Nello studio di… George Orwell
In On writing, la sua “autobiografia di un mestiere”, Stephen King scrisse che essere lettori è essenziale per diventare scrittori: chi non legge non ha nemmeno gli strumenti per scrivere. Per George Orwell, a trentun anni, la passione per i libri prese la forma di un lavoro come assistente part-time alla libreria Booklover’s Corner in South End Road, Hampstead.
Fu la zia Nellie Limouzin, amica dei proprietari, a raccomandarlo. Gli amici della zia gli offrirono anche alloggio, e Orwell copriva il turno pomeridiano, lasciandosi il mattino per scrivere e la sera libera. In quel periodo stava lavorando a Fiorirà l’aspidistra ed era appena stato pubblicato il suo primo romanzo Giorni in Birmania. I grandi capolavori, La fattoria degli animali e 1984, sarebbero arrivati un decennio dopo.
Orwell lavorò alla libreria per circa un anno, dall’ottobre del 1934. Alto 1,88, colpiva i clienti per la sua figura imponente: riusciva a prendere i libri dagli scaffali più alti senza bisogno di scale. Un collega lo ricordava sempre in piedi, al centro del negozio con l’aria vagamente intimidatoria di uno che avrebbe preferito non vendere nulla a nessuno.
Nel saggio breve Memorie di un libraio Orwell raccontò quell’esperienza, ammettendo che non avrebbe mai voluto gestire una libreria a tempo pieno perché è un lavoro che finisce per far perdere il gusto dei libri.
Quando lavoravo come commesso in un negozio di libri di seconda mano - che è facile immaginarsi, per chi non ci lavora, come una specie di paradiso dove gentiluomini attempati passano il tempo a sfogliare grandi volumi rilegati in cuoio - il fatto che più di tutti mi colpiva era la rarità dei veri appassionati di libri. La nostra libreria aveva un’offerta eccezionalmente interessante, eppure dubito che il dieci per cento dei nostri clienti fosse in grado di riconoscere un libro buono da uno cattivo.
La libreria in cui lavorò George Orwell è scomparsa da tempo, ma oggi in Pond Street resta una targa che ricorda i suoi giorni da libraio.
Curiosità e approfondimenti dal web
🎥 La scelta di Anne – L’Événement, adattamento del romanzo autobiografico L’evento di Annie Ernaux, è disponibile su Prime Video. Racconta la storia di una giovane donna che affronta un aborto quando in Francia era illegale abortire.
👒 A Bath, in Inghilterra, si è tenuto il Jane Austen Festival: centinaia di partecipanti hanno celebrato i 250 anni dalla nascita della scrittrice. Il New York Times ha dedicato all’evento una splendida galleria fotografica.
🛒 Bookdealer, la piattaforma che fa concorrenza ad Amazon permettendo di acquistare libri online direttamente dalle librerie indipendenti di quartiere, è in difficoltà e non sta più pagando i librai.
🌬️ È uscito il trailer del nuovo adattamento cinematografico di Cime Tempestose diretto da Emerald Fennell. Sembra orrendo e per nulla fedele al romanzo di Emily Brontë, quindi ha già suscitato un gran dibattito.
Buona lettura a tutte e tutti! :)
Noemi











